Terapia antalgica, cos’è e come funziona

Nelle nostre pagine affrontiamo spesso il tema della salute, a tal proposito vi ricordiamo il nostro ultimo articolo di approfondimento sull’ecografia alla tiroide. Questa volta ci soffermeremo invece su un altro tema importante ma forse meno conosciuto: la terapia antalgica.

Insieme scopriremo per quali scopi viene utilizzato questo tipo di terapia e qual è il suo funzionamento. Possiamo già anticipare che questo tipo di trattamento può essere utilizzato sia in caso di anziani che di adulti in generale visto che si presta bene a diversi tipi di interventi. Scopriamo insieme di cosa si tratta.

La terapia antalgica a cosa serve?

La terapia antalgica, chiamata anche terapia del dolore, viene utilizzata in generale per trattare tutte quelle persone che soffrono di dolori molto acuti o comunque cronici. Questo tipo di terapia va svolta in clinica, come presso la casa di cura Fogliani, dove un dottore effettuerà una visita e un’anamnesi completa per ricercare le origini del problema.

Questo trattamento è ideale in caso di cefalee ma anche in caso di artrosi con tutti i dolori ad essa collegata. La terapia antalgica interviene anche in presenza di dolori muscolari o scheletrici o in presenza patologie alle vertebre come lombalgia, cervicalgia ecc.

Questo tipo di terapia viene spesso usata anche per trattare dolori dovuti da infezioni come l’herpes zoster ma anche in caso di dolori associati a patologie del tutto croniche come il diabete, la sclerosi e così via. La terapia antalgica è molto usata anche per trattare le donne affette da fibromialgia, malattia che provoca dolore ai muscoli, ai tendini e grande senso di affaticamento.

Per un approfondimento su questa malattia vi rimandiamo a questo link. Possiamo dire in generale che questo tipo di trattamento può essere usato sia in pazienti non oncologici, che oncologici dato che il suo primo obiettivo è quello di alleviare il dolore in tutte le sue forme.

Come funziona una visita di terapia antalgica?

Come accennato, lo scopo della terapia antalgica è quello di ricercare le origini del dolore per andare a contrastarlo efficacemente. Il trattamento ha l’obiettivo di migliorare la qualità di vita della persona affetta da dolore cronico.

A seconda della zona affetta e dal tipo di patologia in corso, il dottore stabilisce una terapia dalla durata differente con lo scopo per l’appunto di diminuire l’intensità del dolore provato. Per intervenire efficacemente il dottore deve riuscire a capire il tipo di dolore cronico e soprattutto quali sono i fattori scatenanti.

In genere il dolore si divide in tre aree: dolore cronico, acuto o da procedura. La terapia antalgica può prevedere anche dei trattamenti senza utilizzo di farmaci attraverso massaggi, fisioterapia o l’utilizzo della radiofrequenza. Tutto dipende chiaramente dal caso e dal tipo di dolore che si deve andare a contrastare. Ricordiamo che comunque è il medico che decide qual è il tipo di terapia più indicata rispetto al vostro caso.

A volte alla terapia antalgica si associa anche un percorso psicologico visto che il dolore ha effetti molto negativi anche sulla nostra mente.

Fonti

it.wikipedia.org/wiki/Terapia_del_dolore

www.msdmanuals.com/it-it/professionale/disturbi-del-tessuto-muscoloscheletrico-e-connettivo/patologie-articolari/artrosi

www.humanitas.it/news/dolore-cronico-legame-disturbi-dellumore/

Disclaimer: “È essenziale ricordare che i testi non rappresentano suggerimenti per la diagnosi e la cura di condizioni patologiche, pertanto è consigliato consultare il medico di fiducia”.

Ecografia alla tiroide: a cosa serve e in che modo prepararsi

La tiroide è una ghiandola endocrina che si trova sul lato anteriore del collo, in corrispondenza della trachea. Presenta una struttura peculiare: è composta, infatti, da due lobi (destro e sinistro) che si congiungono sulla linea mediana, proprio come le ali di una farfalla.

Sebbene sia di piccole dimensioni, ricopre un ruolo cruciale all’interno dell’organismo umano: gli ormoni tiroidei, da essa prodotti e rilasciati nel sangue, controllano sia le attività metaboliche, sia il funzionamento di un’ampia varietà di cellule. La tiroide regola anche lo sviluppo del bambino, a livello sia corporeo che neuropsichico, a partire dalle prime settimane di gestazione. Infine, agisce direttamente sulla forza muscolare, sul tono dell’umore, sulla fertilità e su molti altri aspetti.

Considerate le sue numerose funzioni, e dunque la sua importanza per la salute della persona, gli specialisti suggeriscono di effettuare controlli a cadenza regolare – specie in caso di predisposizione familiare e/o in presenza di uno o più fattori di rischio – al fine di rilevare per tempo eventuali anomalie. A questo proposito, uno dei principali strumenti diagnostici, per efficacia e rapidità, è l’ecografia.

Vediamo più da vicino come si svolge, a cosa serve e come prepararsi.

Come si svolge l’ecografia alla tiroide

L’ecografia tiroidea è un esame strumentale di diagnostica per immagini che si avvale degli ultrasuoni per osservare la morfologia della ghiandola, i vasi sanguigni ad essa connessi e gli organi vicini.

Il test non è invasivo, né doloroso. Viene eseguito per mezzo di un apparecchio chiamato ecografo, dotato di una sonda ad ultrasuoni, che il medico provvede a passare lungo il collo, esercitando una lieve pressione, in modo tale da poter visualizzare in tempo reale i vasi e i tessuti che si trovano in corrispondenza. Durante l’ecografia, il paziente rimane disteso su un apposito lettino, in posizione supina, con la testa e lo sguardo rivolti all’indietro. Prima di cominciare, inoltre, è opportuno preparare la parte distribuendo una piccola quantità di gel sull’epidermide, affinché il macchinario possa scorrere più facilmente.

A cosa serve?

Come accennato, l’ecografia è uno dei principali metodi per la diagnosi ed il monitoraggio di molteplici patologie della tiroide.

Può essere effettuata più volte, a seconda delle indicazioni del medico, anche durante la gravidanza. Oltre che a scopo preventivo, viene prescritta nel caso in cui si sospettino alterazioni nella funzionalità della tiroide e per individuare noduli o altre formazioni anomale.

Qualora si riscontri la presenza di noduli – ovvero di tumefazioni che si creano nella parte interna della ghiandola, oggi trattabili anche con tecniche non invasive – occorre valutare se si tratti di formazioni benigne (come avviene nel 90-95% dei casi) o maligne.

Non solo: l’ecografia tiroidea permette di diagnosticare disturbi come l’ipotiroidismo o l’ipertiroidismo, che consistono rispettivamente in una ridotta o eccessiva funzionalità della ghiandola in relazione ai parametri comuni. Tali disturbi possono provocare un ampio spettro di sintomi aspecifici – ossia sovrapponibili a quelli causati da patologie differenti – che vanno dalla debolezza (da non confondere con la sindrome da stanchezza cronica) ai problemi di concentrazione, dalle oscillazioni di peso ai problemi intestinali, dalla secchezza della pelle all’intolleranza agli sbalzi di temperatura, e via di seguito.

Come prepararsi all’ecografia tiroidea

L’ecografia alla tiroide non necessita di una particolare preparazione da parte del paziente: non occorre osservare il digiuno nelle ore che precedono l’appuntamento, né vi è bisogno di assumere liquidi.

Si consiglia, comunque, di indossare indumenti che non ostacolino l’attività del medico (ad esempio: maglioni a collo alto) e che consentano di mantenere comodamente la posizione richiesta per il tempo della visita – che, in genere, ha una durata di 15-20 minuti.

Prima di iniziare, è opportuno rimuovere eventuali accessori, come sciarpe, collane ed oggetti metallici situati in prossimità del collo.

L’esame non comporta rischi o controindicazioni, né interferisce con la capacità di condurre veicoli. Non è necessaria la presenza di un’altra persona e, al termine, è possibile tornare alle normali attività.

Dove si fa e come prenotare

L’esame alla tiroide può essere effettuato presso una delle numerose strutture pubbliche o private che si trovano al nord, centro e sud Italia.

Scegliendo la prima opzione, tuttavia, i tempi di attesa potrebbero subire variazioni e/o ritardi a seconda della località. Per questo, nel caso in cui vi sia bisogno di sottoporsi al test con una certa rapidità, talvolta è preferibile dirigersi verso una clinica o un centro privato.

A tal proposito, uno strumento semplice e veloce per verificare la disponibilità nella propria città o nei dintorni e, quindi, decidere dove fare l’ecografia tiroidea, in quale giorno e a quale orario, è Cupsolidale.

Si tratta di una piattaforma ideata per le prenotazioni sanitarie, accessibile sia dal computer che dallo smartphone. Eseguendo una breve ricerca su Cupsolidale, i pazienti hanno modo di visualizzare la prima data utile per sostenere visite ed esami presso i vari centri che operano in una determinata località. Sul portale, inoltre, sono indicati i costi dei vari servizi, da confrontare con quelli medi: ad esempio, per l’ecografia alla tiroide, i prezzi oscillano tra un minimo di 30 euro circa ad un massimo di 160 euro, per una media nazionale di circa 70 euro.

Salute degli occhi: come prendercene cura

Ogni persona, dai più piccini agli anziani, dovrebbe avere informazioni minime per valutare la salute dei propri occhi e prendersene cura, anche rivolgendosi a professionisti qualificati in caso di bisogno.

Eppure, non tutti conoscono i suggerimenti che ti stiamo per dare in questo articolo: inizia da qui per curarti anche tu della salute dei tuoi occhi!

L’alimentazione

Alcuni alimenti apportano i nutrienti indispensabili per preservare la salute della vista e degli occhi. I più famosi sono le verdure ricche di betacarotene (cioè quelle rosse, gialle e arancioni), il pesce azzurro, la frutta secca a guscio come mandorle, noci, arachidi e i latticini, ricchi di vitamina D.

Tutti questi alimenti sono già presenti in una sana dieta mediterranea, ma una porzione in più a settimana ti aiuterà ad assumere sempre tutte le sostanze più importanti per mantenere gli occhi in splendida forma.

Prevenzione

Ogni due anni è buona norma, anche se non soffri di problemi di vista, fare un controllo dall’oculista. La visita è davvero rapida e completamente indolore, e ti aiuterà a mantenere al massimo la salute di occhi e vista. Se ancora non hai un oculista di fiducia, puoi consultare un sito molto utile cliccando qui: arriverai in un comparatore di prestazioni mediche che puoi usare per prenotare la tua visita oculistica in tutte le città del nostro paese.

Le abitudini: computer e igiene

La secchezza gli occhi o un leggero mal di testa dopo una giornata passata davanti al pc sono sintomi molto frequenti. Se per lavoro o per ragioni di studio sei spesso davanti ad un monitor retroilluminato, come quello di tablet, computer o smartphone, dovresti adottare questi buoni comportamenti:

  • non stare troppo vicino allo schermo, e considerare che più è ampio, più dovresti rimanere a distanza. Una distanza corretta, insieme ad una buona sedia e ad un supporto per il monitor, ti aiuterà anche a non affaticare eccessivamente collo e spalle;
  • non proseguire la sessione di lavoro o di studio al pc per troppo tempo di fila: fai una pausa di circa un quarto d’ora ogni due ore di utilizzo. Durante la pausa puoi rimanere ad occhi chiusi per un po’, oppure mettere a fuoco punti lontani della stanza (almeno ⅚ metri);
  • riposizionare le luci della stanza perché non creino riflessi sul monitor: il modo migliore di evitarli è mettere le lampade alle spalle del pc;
  • utilizzare, se il tuo medico o l’oculista te lo consigliano, delle lacrime artificiali per umettare l’occhio e ridurre la sensazione di bruciore o prurito a fine giornata.

Gli occhi andrebbero inoltre puliti delicatamente una volta al giorno con soluzione fisiologica e dischetti di cotone, per eliminare ogni traccia di sudore, sporcizia o polvere che può infiammarli. Una buona normale da seguire sempre è anche quella di struccarsi finita la giornata: residui di mascara, ombretto o cipria su occhi e ciglia possono causare indebolimento, diradamento o infiammazioni sgradevoli.

FONTI

Alimenti ricchi di nutrienti per occhi e vista: lamiavista.it/come-migliorare-la-vista-a-tavola/

Ergonomia degli schermi e salute degli occhi: suva.ch/it-ch/prevenzione/consulenza-corsi-e-proposte/consulenza-in-prevenzione/gsa-gestione-della-salute-in-azienda/ergonomie-am-bildschirmarbeitsplatz/ergonomia-contro-i-disturbi-oculari-dovuti-al-lavoro-al-videoterminale

Igiene quotidiana degli occhi: oculistaitaliano.it/articoli/igiene-oculare-quotidiana-perche-importante/

Come funziona la visita oculistica: paginemediche.it/benessere/cura-e-automedicazione/in-cosa-consiste-una-visita-oculistica

 DISCLAIMER: I contenuti di questo articolo non sostituiscono in alcun modo il consulto medico e non devono essere utilizzati come strumento di diagnosi o terapia per patologie, pertanto si invita a consultare il proprio medico per qualsiasi questione relativa alla salute.

Quali sono i rimedi naturali per la Pollachiuria?

Se preferisci evitare farmaci e trattamenti convenzionali, quali sono i rimedi naturali per la pollachiuria? Stiamo parlando del bisogno frequente di urinare, un disagio che può influenzare significativamente la qualità della vita di una persona, provocando disagio, insonnia, stanchezza, irritabilità. Può essere causata da diversi fattori, come infezioni, infiammazioni, calcoli, stress, ansia, diabete, gravidanza, menopausa. Per questo motivo, è importante consultare un medico per individuare la causa della pollachiuria e seguire la terapia più adeguata.

Ad ogni modo, sempre più persone stanno cercando approcci naturali per affrontare questo problema, forse anche tu. Continua a leggere perché ne esploreremo diversi che possono aiutare a ridurre la pollachiuria e migliorare il benessere della vescica.

Vediamo i consigli più utili prendendo spunto da un articolo pubblicato su sicoi.it

Come fermare la pollachiuria?

Uno dei rimedi naturali più semplici ed efficaci per fermare la pollachiuria è bere molta acqua, ma non di sera. Infatti, bere almeno 1,5-2 litri di acqua al giorno aiuta a diluire le urine, a prevenire le infezioni e a eliminare le tossine. Tuttavia, bere troppa acqua prima di andare a dormire può aumentare la necessità di urinare di notte, causando la nicturia.

Un altro rimedio è evitare o limitare il consumo di alimenti e bevande che possono irritare la vescica o stimolare la diuresi, come il caffè, il tè, le bibite gassate, l’alcol, il cioccolato, gli agrumi, i pomodori, le spezie e il sale. Questi alimenti e bevande possono aumentare la produzione di urine e rendere la vescica più sensibile.

Cosa prendere per calmare la vescica?

Per calmare la vescica e ridurre la pollachiuria, potresti assumere alcuni integratori naturali che hanno proprietà antinfiammatorie, antibatteriche, antispasmodiche e diuretiche, come la cranberry, la betulla, l’ortica, la malva, la camomilla, la calendula, ecc. Questi integratori possono aiutare a prevenire e curare le infezioni urinarie, a sfiammare la vescica, a rilassare i muscoli della vescica e a favorire l’eliminazione dei liquidi in eccesso.

Gli integratori naturali per calmare la vescica si possono trovare sotto forma di capsule, compresse, tisane, succhi, sciroppi, ecc. Ti consigliamo di seguire le indicazioni del produttore o del medico per quanto riguarda il dosaggio e la durata del trattamento.

Cosa prendere se si fa sempre pipì?

Se si fa sempre pipì, oltre a seguire i rimedi naturali già citati, si può ricorrere anche a alcuni esercizi specifici per rinforzare i muscoli del pavimento pelvico, che sostengono la vescica e ne controllano l’apertura e la chiusura. Questi esercizi si chiamano esercizi di Kegel e consistono nel contrarre e rilassare i muscoli che si usano per interrompere il flusso di urina. Si possono fare in qualsiasi momento e luogo, senza che nessuno se ne accorga.

Possono aiutare a migliorare il tono e la resistenza dei muscoli pelvici, a prevenire e contrastare l’incontinenza urinaria, a ridurre la frequenza e l’urgenza di urinare e a migliorare la funzione sessuale. Si consiglia di fare gli esercizi almeno 3 volte al giorno, per 10-15 minuti.

Come sfiammare la vescica in modo naturale?

Per sfiammare la vescica in modo naturale, si possono usare alcuni rimedi casalinghi che hanno un’azione lenitiva e antinfiammatoria, come i bagni caldi, i massaggi. Questi rimedi possono aiutare a rilassare i muscoli della vescica, a ridurre il dolore e il bruciore, a favorire la circolazione sanguigna e l’ossigenazione dei tessuti.

Per fare i bagni caldi, si può aggiungere all’acqua della vasca o della bacinella alcuni ingredienti naturali come il bicarbonato di sodio, il sale di Epsom, l’aceto di mele, l’olio essenziale di lavanda. Si fa il bagno per 20-30 minuti, una volta al giorno.

Per fare i massaggi, si può usare un olio vegetale o un olio essenziale adatto, come quello di mandorle, di jojoba, di rosmarino, di menta. Si massaggia delicatamente la zona pelvica o addominale, per 10-15 minuti, una o due volte al giorno.

Meglio i rimedi naturali per la pollachiuria o farmaci convenzionali?

Affrontare la pollachiuria con rimedi naturali può rappresentare un approccio delicato e meno invasivo rispetto ai farmaci convenzionali. Tuttavia, è sempre consigliabile consultare un professionista della salute prima di apportare cambiamenti significativi alla propria routine o di iniziare nuovi trattamenti.

Integrare questi rimedi nella tua vita quotidiana potrebbe contribuire a migliorare il controllo della vescica e a ridurre il disagio legato alla pollachiuria.

Mal di testa primario: le diverse tipologie

Il mal di testa è uno dei disturbi più comuni che affliggono gli esseri umani, tanto da essere spesso sottovalutato. In realtà, esistono diverse tipologie di mal di testa primario, cioè non legate ad altre patologie sottostanti, che vanno distinte per poter essere correttamente trattate. Le tre tipologie più comuni di mal di testa primario sono l’emicrania, la cefalea tensiva e la cefalea a grappolo.

Emicrania

L’emicrania è una tipologia di mal di testa caratterizzata da attacchi pulsanti che possono durare dalle 4 alle 72 ore. Solitamente colpisce solo un lato della testa e può essere molto invalidante per chi ne soffre. Oltre al dolore, l’emicrania può essere associata a nausea, vomito, e una forte sensibilità alla luce e ai rumori.

Cause

Le cause specifiche dell’emicrania non sono ancora completamente note, ma si pensa che sia legata a problemi di vasocostrizione e vasodilatazione cerebrale. Alcuni fattori che possono scatenare l’emicrania sono il cibo (in particolare i cibi che contengono tirosina e nitrati), il sonno eccessivo o insufficiente, gli sbalzi ormonali, lo stress e l’esercizio fisico intenso.

Cura

Per trattare l’emicrania esistono diverse opzioni terapeutiche, sia sintomatiche che preventive. Tra le terapie sintomatiche, sono disponibili farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), analgesici e triptani. Le terapie preventive prevedono l’utilizzo di betabloccanti, calcioantagonisti, neuromodulanti, inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) o della serotonina-noradrenalina (SNRI) e anticorpi monoclonali anti-CGRP (proteina presente in alcune forme di emicrania). In alcuni casi può essere indicata anche l’utilizzo di tossina botulinica.

Diagnosi e personalizzazione della terapia

La diagnosi di emicrania deve essere sempre Stabilita da un medico, in particolare uno specialista neurologo. È importante che la terapia sia personalizzata sul paziente, considerando la gravità e la frequenza degli attacchi, oltre che le controindicazioni eventuali ai farmaci. Gli specialisti anche possono dare indicazioni sulle modifiche dello stile di vita da apportare, come cambiare la propria alimentazione o aumentare l’attività fisica.

Cefalea tensiva

La cefalea tensiva è una tipologia di mal di testa molto comune, che può essere dovuta alla tensione muscolare sia cervicale che cranica. Si manifesta con un dolore di tipo oppressivo di intensità lieve o media, spesso bilaterale e diffuso su tutta la testa. Le persone che ne soffrono non hanno generalmente i sintomi associati all’emicrania, come nausea e vomito.

Cause

Anche in questo caso, le cause della cefalea tensiva non sono completamente note, ma si pensa che sia probabilmente legata a problemi di contrattilità muscolare. È spesso scatenata dalla tensione muscolare causata da posture scorrette, stress o affaticamento dei muscoli del collo.

Cura

Per trattare la cefalea tensiva, oltre a modificare il proprio stile di vita (ad esempio, correggendo la propria postura), è possibile utilizzare farmaci sintomatici come analgesici o miorilassanti. Anche la terapia preventiva può essere indicata in alcuni casi, con farmaci come betabloccanti o antidolorifici triptani.

Diagnosi e personalizzazione della terapia

La diagnosi e la valutazione della gravità della cefalea tensiva sono fondamentali per stabilire la terapia più adeguata. Non esiste una cura universale per la cefalea tensiva, e la terapia deve essere personalizzata sulla base delle esigenze del paziente. Il medico può consigliare di modificare lo stile di vita, di eseguire esercizi di stretching muscolare e, in alcune situazioni, di effettuare una terapia farmacologica o cognitivo-comportamentale.

Cefalea a grappolo

La cefalea a grappolo, meno diffusa rispetto alle precedenti, si concentra in una parte della testa, di solito intorno all’occhio, e dura da 15 minuti a 3 ore, anche più volte nello stesso giorno. La cefalea a grappolo può essere molto dolorosa.

Cause

Anche in questo caso, le cause della cefalea a grappolo non sono completamente note, ma si ritiene che sia legata alla disfunzione ipotalamica. Questa disfunzione provoca un’infiammazione del sistema trigeminovascolare, che sarebbe responsabile dei dolori parossistici.

Cura

Per la cefalea a grappolo esistono diverse opzioni terapeutiche sia sintomatiche che preventive. Tra le terapie sintomatiche sono disponibili farmaci che possono interrompere l’attacco, come l’ossigeno, i triptani e le iniezioni di soma-natostatina. Nella terapia preventiva possono essere utilizzati calcioantagonisti e litio.

Diagnosi e personalizzazione della terapia

Anche in questo caso, la diagnosi deve essere clinica e la terapia personalizzata sulla base delle esigenze del paziente. In certe circostanze, quando non c’è una risposta adatta ai farmaci, può essere necessario effettuare un intervento chirurgico, ma solitamente la cefalea a grappolo continua ad essere difficile da trattare.

Conclusioni

n conclusione, le tre tipologie di mal di testa primario devono essere adeguatamente distinte e valutate per poter essere adeguatamente trattate. Quando un paziente ha episodi frequenti di mal di testa, è importante rivolgersi al proprio medico di base e, se necessario, allo specialista neurologo. L’importanza della diagnosi clinica e della personalizzazione della terapia rappresentano elementi cruciali nella gestione di queste patologie. È fondamentale anche mantenere uno stile di vita sano, evitare le situazioni di stress e correggere eventuali posture errate. Con una corretta gestione, ridurre il dolore, la disabilità e migliorare la qualità della vita delle persone affette da mal di testa primario è possibile.

Canini che non crescono: i rimedi per i canini inclusi che non scendono in modo regolare

L’inclusione dei denti canini è una condizione particolare della dentatura nella quale i canini definitivi non riescono a spuntare durante il periodo della crescita.

Per prima cosa è sempre e comunque suggerito rivolgersi ad uno studio di ortodonzia specializzato nella cura di tali disturbi e a tal proposito, se abitate a Genova o nelle vicinanze, ci sentiamo di suggerirvi di visitare il sito web https://www.centrodiortodonzia.com/. Tramite il sito del centro di ortodonzia appena citato potrete facilmente prendere appuntamento per un consulto, in modo da comprendere al meglio quale sia la soluzione migliore tra quelle che vedremo in seguito.

All’interno del nostro articolo, come appena accennato, cercheremo di comprendere insieme quali siano le soluzioni a questo problema, particolarmente presente nei bambini più piccoli, vedendo insieme due differenti metodi che possono essere sfruttati a seconda se il piccolo abbia già o meno la sua dentatura definitiva.

Quando spuntano i denti da latte?

Possiamo partire dicendo che la mancata crescita dei canini permanenti sia causata dai denti da latte che ne ostruiscono la fuoriuscita.

Questi ultimi crescono a partire dal quinto mese di età (tra il quinto e il settimo mese) e il loro sviluppo si protrae fino a circa il compimento del ventesimo mese. [1]

I canini da latte iniziano a spuntare intorno al sedicesimo mese di età e la loro presenza in alcuni casi potrà ostruire in seguito la crescita dei canini permanenti. Normalmente accade che i denti da latte vengano sospinti da quelli permanenti, in modo da fare loro posto, ma in alcuni casi questo regolare fenomeno non avviene in modo consono, provocando così alcuni disturbi che è meglio curare tempestivamente tramite uno specialista odontoiatrico per fare in modo che la dentatura del bambino si sviluppi al meglio.

Se volete avere maggiori informazioni in merito ai sintomi e ad eventuali accorgimenti per riuscire ad alleviare il dolore durante la dentizione dei bambini vi suggeriamo anche di leggere questo articolo approfondito su Uppa.it.

Come risolvere la mancata crescita dei canini quando un bambino è ancora nella fase dello sviluppo?

In questo caso parliamo di un bambino che ha al massimo 9 anni di età, periodo entro il quale tutti i denti da latte vengono sostituiti con quelli permanenti.

In questa fase si possono seguire 3 modalità differenti:

  • L’estrazione del canino da latte che ostruisce la fuoriuscita di quello permanente;
  • Estrarre sia il canino da latte che il premolare da latte, nel caso la soluzione precedentemente citata non abbia effetti;
  • Allargare le basi ossee tramite un trattamento con allineatori. [2]

Come viene risolta la problematica nel caso sia già presente la dentatura permanente?

Se il bambino ha superato i 9 anni di età ed è già in possesso della dentizione permanente bisogna allora analizzare le cause che hanno portato i canini a non crescere nel modo corretto.

Può accadere che i canini non crescano per mancanza di spazio e in questa situazione normalmente si applicano apparecchi ortodontici per allargare le basi ossee per poi estrarre in seguito il canino da latte.

Può anche accadere che la mancanza di spazio abbia portato il canino a posizionarsi in modo non corretto verso il palato e in questo caso è necessario un piccolo intervento odontoiatrico per la correzione del disguido. La stessa cosa vale nel caso in cui la posizione scorretta sia rivolta verso la gengiva.

Disclaimer: “Questi testi non vanno intesi come indicazioni di diagnosi e cura di stati patologici, pertanto è sempre consigliato rivolgersi al proprio medico curante”

Fonti:

  • ospedalebambinogesu.it/eruzione-dentaria-dai-denti-da-latte-ai-denti-permanenti-80517/
  • dentaljournal.it/canino-incluso-alternativa-estrazione-chirurgica-ortodontica/

Blefaroplastica: che cos’è, a cosa serve e quando si fa

Articolo scritto con la collaborazione di dottordellacorte.com

La blefaroplastica è un intervento chirurgico che mira a migliorare l’aspetto delle palpebre, sia superiori che inferiori, rimuovendo l’eccesso di pelle, muscoli e grasso. Questa procedura viene eseguita sia per ragioni estetiche, per ringiovanire l’aspetto del volto, sia per motivi funzionali, nel caso in cui le palpebre cadenti compromettano la visione. Quando si parla di palpebre, si possono distinguere diverse tipologie di intervento, a seconda della zona interessata e delle specifiche esigenze del paziente.

La superiore è quella che interessa le palpebre superiori e viene eseguita per eliminare l’eccesso di pelle e di grasso che dà origine a un aspetto stanco e invecchiato. Questo intervento può essere eseguito sia per motivi estetici, per ottenere un volto più giovane e riposato, sia per motivi funzionali, nel caso in cui la pelle in eccesso comprometta la visione periferica del paziente. La inferiore, invece, riguarda le palpebre inferiori e mira a rimuovere le borse di grasso e la pelle in eccesso che danno origine alle cosiddette “occhiaie”. Anche in questo caso, l’operazione può essere eseguita sia per motivi estetici che funzionali.

Indicazioni e Controindicazioni

Le principali indicazioni per questa operazione sono legate all’invecchiamento cutaneo e all’accumulo di grasso nelle zone interessate. Con il passare degli anni, infatti, la pelle delle tende a perdere elasticità e tono, causando la formazione di pieghe e rughe. Allo stesso tempo, l’accumulo di grasso può causare la formazione di borse sotto gli occhi e un aspetto gonfio e stanco. In questi casi, l’intervento può rappresentare una soluzione efficace per migliorare l’aspetto del volto e, nel caso di palpebre cadenti, per migliorare la qualità della visione.

Questa operazione non è indicata per tutti. Le controindicazioni principali riguardano pazienti con problemi di salute che potrebbero compromettere il successo dell’intervento o causare complicazioni post-operatorie. Tra queste, si annoverano malattie cardiovascolari, diabete, ipertensione, problemi alla tiroide e malattie autoimmuni. La blefaroplastica potrebbe non essere indicata per pazienti con occhi molto secchi o con una lacrimazione scarsa, in quanto l’intervento potrebbe peggiorare questi disturbi. È determinante, quindi, che il paziente si sottoponga a una valutazione accurata da parte del chirurgo prima di procedere.

Tecniche chirurgiche

Esistono diverse tecniche chirurgiche, che variano in base alla zona interessata e alle esigenze specifiche del paziente. Per quanto riguarda la parte superiore, l’intervento prevede un’incisione nella piega palpebrale, in modo da rimuovere l’eccesso di pelle e di grasso e, se necessario, riassestare i muscoli della palpebra. L’incisione viene poi suturata con punti molto sottili, che lasceranno una cicatrice poco visibile lungo la piega della palpebra.

Per la parte inferiore, invece, si distinguono due tecniche principali: la transcutanea e la transcongiuntivale. La prima prevede un’incisione appena al di sotto delle ciglia inferiori, attraverso cui il chirurgo può rimuovere le borse di grasso e l’eccesso di pelle. Anche in questo caso, la cicatrice sarà poco visibile e tenderà a scomparire nel tempo. La transcongiuntivale, invece, prevede un’incisione all’interno della palpebra inferiore, che consente di rimuovere le borse di grasso senza lasciare cicatrici esterne. Questa tecnica è indicata per pazienti che presentano principalmente borse di grasso, senza un eccesso significativo di pelle.

Tempi di recupero e risultati

Il recupero dopo un intervento di questo tipo varia a seconda del paziente e della tecnica utilizzata. In genere, i tempi di recupero sono più brevi per la transcongiuntivale, che non prevede incisioni esterne. Nei primi giorni dopo l’intervento, è normale avvertire gonfiore e fastidio nella zona interessata, che possono essere alleviati con l’applicazione di impacchi freddi e l’assunzione di analgesici prescritti dal medico. Evitare sforzi fisici eccessivi e proteggere gli occhi dalla luce solare per almeno due settimane dopo l’intervento.

I risultati della blefaroplastica sono generalmente duraturi, soprattutto se il paziente segue le indicazioni del chirurgo e mantiene uno stile di vita sano. In alcuni casi, tuttavia, potrebbe essere necessario eseguire ulteriori interventi per mantenere i risultati ottenuti o correggere eventuali asimmetrie. Bisogna sottolineare che la blefaroplastica non ferma il processo di invecchiamento cutaneo e, quindi, con il passare degli anni, potrebbero comparire nuovi segni di invecchiamento nella zona delle palpebre. Tuttavia, l’intervento può contribuire a migliorare significativamente l’aspetto del volto e la qualità della vita del paziente.

Disclaimer: “Questi testi non vanno intesi come indicazioni di diagnosi e cura di stati patologici, pertanto è sempre consigliato rivolgersi al proprio medico curante”.

Integratori naturali per il benessere del fegato: guida completa

Articolo scritto con la collaborazione di salusfy.com

Il fegato è uno degli organi più importanti del corpo umano. Svolge molte funzioni vitali come la produzione della bile, la sintesi di proteine e il metabolismo dei farmaci. Tuttavia, lo stile di vita moderno può portare a danni, causando malattie come l’epatite, la cirrosi e il cancro. Fortunatamente, ci sono integratori naturali che possono aiutare a proteggere e migliorare la salute del tuo organismo.

Prima di entrare nei dettagli, è importante capire come funziona il fegato e come può essere danneggiato.

Come funziona il fegato

E’ un organo che si trova nella parte superiore dell’addome, sulla destra. È responsabile di molte funzioni vitali, tra cui:

  • Produzione di bile, che aiuta nella digestione dei grassi
  • Sintesi di proteine e fattori di coagulazione del sangue
  • Metabolismo dei carboidrati, dei grassi e delle proteine
  • Regolazione dei livelli di zucchero nel sangue
  • Detossificazione delle sostanze nocive
  • Immagazzinamento di vitamine e minerali

Come può essere danneggiato il fegato

Esso può essere danneggiato da diverse cause, tra cui:

  • Eccesso di alcol
  • Infezioni virali come l’epatite B e C
  • Sovradosaggio di farmaci
  • Esposizione a sostanze chimiche tossiche come il piombo e il mercurio
  • Malattie autoimmuni come la cirrosi biliare primitiva e la colangite sclerosante

In molti casi, il danno al fegato può essere reversibile se viene diagnosticato precocemente e trattato correttamente. Tuttavia, se il danno è troppo grave, esso può diventare incapace di svolgere le sue funzioni vitali e può essere necessario un trapianto.

Integratori naturali

Ci sono molti integratori naturali che possono aiutare a prevenire danni al fegato e migliorare la sua funzione. Ecco i migliori integratori naturali:

Cardo mariano

Il cardo mariano, conosciuto anche come Sylibum Marianum, è una pianta erbacea molto diffusa in Europa. La sua fama è dovuta alla silimarina, una sostanza che si trova nei semi della pianta e che ha un’attività epatoprotettiva.

Questo significa che il cardo mariano è in grado di proteggere il fegato dagli agenti tossici e dalle sostanze nocive presenti nell’ambiente, ha inoltre un’azione antinfiammatoria e antiossidante che aiuta a proteggere l’organismo dai danni causati dai radicali liberi.

Lo stesso principio attivo può aiutare a proteggere il fegato dai danni causati dall’alcol, dalle sostanze chimiche tossiche e dalle infezioni virali. Inoltre, il cardo mariano può aiutare a stimolare la produzione di bile e migliorare la funzione epatica.

Questa pianta è stata oggetto di numerosi studi scientifici che ne hanno confermato l’efficacia. Inoltre, l’assenza di effetti collaterali e la sua disponibilità in forma di integratore rendono il cardo mariano un’ottima scelta per chi cerca una soluzione naturale.

I semi della pianta vengono raccolti in autunno e vengono utilizzati per produrre integratori. Il cardo mariano è stato utilizzato per secoli nella medicina tradizionale per il trattamento di problemi epatici e digestivi.

Gli integratori di cardo mariano sono spesso utilizzati per proteggere il fegato dagli effetti dannosi di alcol, farmaci e sostanze chimiche. Gli integratori di cardo mariano sono disponibili in diverse forme, tra cui capsule, compresse e tisane.

Curcuma

La curcuma è una spezia che viene spesso utilizzata nella cucina indiana. Contiene un composto chiamato curcumina che ha proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. La curcumina può aiutare a proteggere il fegato dai danni causati dall’infiammazione e dalle sostanze chimiche tossiche. Inoltre, la curcuma può aiutare a migliorare la funzione epatica e a prevenire la formazione di calcoli biliari.

Betaina

La betaina è un composto che si trova naturalmente in alcune verdure come la barbabietola. La betaina può aiutare a proteggere il fegato dai danni causati dall’alcol e dalle sostanze chimiche tossiche. Inoltre, la betaina può aiutare a migliorare la funzione epatica e a ridurre l’infiammazione.

Artiglio del diavolo

L’artiglio del diavolo è una pianta che cresce principalmente in Africa. Contiene un composto chiamato arpagoside che ha proprietà antinfiammatorie. L’artiglio del diavolo può aiutare a ridurre l’infiammazione nel fegato e migliorare la funzione epatica.

Acido alfa-lipoico

L’acido alfa-lipoico è un antiossidante che si trova naturalmente in alcune verdure come gli spinaci. L’acido alfa-lipoico può aiutare a proteggere il fegato dai danni causati dalle sostanze chimiche tossiche e migliorare la funzione epatica.

Disclaimer

Questi testi non vanno intesi come indicazioni di diagnosi e cura di stati patologici, pertanto è sempre consigliato rivolgersi al proprio medico curante.